SEI IL VISITATORE

LA RELAZIONE DI FRANCESCO FALASCHI

DIVERSO DA CHI?
"Per un mondo dove siamo socialmente uguali,
umanamente differenti e totalmente liberi" (*).
Dopo le emozioni, le novità e le fatiche dell’Assemblea dei Soci e delle elezioni degli organi statutari dell’AICCeF, con al culmine l’elezione della nuova Presidente dell’Associazione (di cui vi abbiamo dato ampio resoconto nell’ultimo numero dell’anno scorso della Rivista), la mattina di domenica è continuata la Giornata di Studio sulla Diversità, con il relatore ed i Laboratori.
Continuata perché sin dalla sera prima abbiamo toccato l’argomento con gli applauditissimi ospiti, che ci hanno aiutato ad entrare nell’argomento della Diversità e mostrato come si può portare un contributo significativo in questo campo con le proprie esperienze e capacità.
Susy e Alfredo, una coppia di genitori con tre figli, di cui uno non udente, ci hanno raccontato il loro intenso percorso di resilienza  personale, di coppia e di famiglia. Di fronte all’esigenza di aiutare il figlio a vivere la diversità senza sentirsi escluso o emarginato,  hanno pensato ad un percorso inclusivo per lui, sia fondando una propria associazione (A.BI.Lis  Associazione di Bilinguismo e Lis) per promuovere la diffusione della lingua dei segni nelle scuole, ed in particolare in quelle frequentate da loro figlio, sia promuovendo l’invenzione di Alfredo della pedana sensoriale, uno strumento ideato per aiutare il figlio ad abbattere la sua “differenza” e  mettersi in contatto con il mondo esterno, con l’armonia della musica, con i suoni della natura, e finanche con gli effetti speciali dei film.
Il film “Quanto basta”, proiettato la sera di sabato con la presentazione e il commento del regista Francesco Falaschi, ci ha regalato, una storia leggera e insieme intensa, semplice ma commovente, che racconta una vicenda di diversità, l'incontro tra uno chef stellato, in disgrazia e in crisi esistenziale, e un gruppo di ragazzi con disagio psichico, uno in particolare, complicato nelle relazioni interpersonali, ma baciato dal "dono dei sapori". La storia fa riflettere sull’importanza dei valori semplici, sull’accoglienza fatta di piccoli gesti e sul fatto che apprezzare la diversità della vita è importante per chiunque.
(*) L’immagine, che ha dato spunto e colore a questa Giornata di studio, e la scritta del pensiero di Rosa Luxemburg, quale inno al superamento di qualsiasi barriera e pregiudizio, sono tratte da un murales dipinto dagli studenti sulla parete esterna del Real Collegio (Scuola superiore) del Comune di , nell’Isola della Gomera, arcipelago delle Canarie, trovato da Rita e Maurizio durante una vacanza.


IL RELATORE FRANCESCO FALASCHI

Francesco Falaschi è stato l’ospite d’onore delle Giornate di Trevi.
Regista e sceneggiatore cinematografico emergente, è grossetano, si è laureato in storia del cinema a Firenze e insegna nelle scuole superiori.
Premio David di Donatello 1999 per lo struggente corto “Quasi fratelli”, è fondatore della Scuola di cinema di Grosseto, con cui ha realizzato numerosi cortometraggi e web serie,  come “Aiutanti di mestiere” sulla figura dell’assistente sociale.

Saluto tutti voi e Vi ringrazio dell’opportunità di parlare del mio lavoro ad una platea così numerosa, così preparata, così competente proprio nel campo che mi interessa e che è diventato il centro dei miei studi e dei miei impegni professionali.
Ringrazio Rita Roberto, con cui mi lega il comune amore per la Maremma, che mi ha invitato e convinto a lavorare insieme a Voi ed a portarvi la mia modesta esperienza.
Oggi vi parlerò della Neurodiversità, continuando il racconto iniziato ieri sera, con la proiezione del film Quanto basta, che tocca l’argomento in un modo che amo pensare sia semplice e immediato.
Ma prima inquadriamo l’argomento.
Secondo una definizione scientifica la neurodiversità è una condizione di variazione neurobiologica che si manifesta in un determinato fenotipo comportamentale, con conseguenze in ambito sociale, affettivo e lavorativo.
In particolare, la Sindrome di Asperger (che viene trattata nel film di ieri sera) è un’etichetta diagnostica che il DSM-IV ha introdotto per definire tutte quelle persone che, dotate anche di linguaggio corretto e in assenza di ritardo mentale, presentano alcune caratteristiche dell’autismo. Le persone che si situano in questo punto del continuum autistico presentano un insieme di peculiarità comportamentali che riguardano principalmente l’area sociale, sensoriale percettiva, attentiva e affettivo motivazionale.
Poiché sono un regista Vi darò la visione dell’argomento da un punto di vista cinematografico. E subito devo spiegare che non è affatto facile parlare e girare film incentrati su un argomento delicato, come la neurodiversità.
Anche quando siamo molto interessati a parlare (cinematograficamente) di questi argomenti, si ha sempre paura di non essere adeguati e preparati ad entrare nel mondo delle persone neurologicamente diverse, nel modo delicato e sensibile che essi meritano.
Paura di non cogliere l’essenza intima della relazione che esiste tra queste persone e la realtà, timore di non sapere rappresentare con equilibrio i loro comportamenti, rischio di seguire o creare stereotipi esistenziali.
Comportamenti, azioni e relazioni che devono essere rappresentate in modo oggettivo e realistico. Senza esagerarle, con il rischio di scadere in una macchietta che può risultare patetica, e senza edulcorarle, non cogliendo, quindi, la difficoltà del vivere di queste persone.
La preparazione e la ricerca sul campo è fondamentale per ottenere un risultato soddisfacente per noi, per il pubblico e per le persone che vogliamo raccontare.
In occasione della preparazione del film ‘Quanto basta’, abbiamo contattato molti specialisti per capire chi fossero le persone neurodiverse e come potavamo rappresentarle senza sbagliare. Abbiamo preso contatti anche con le Associazioni dei loro familiari, da cui ci siamo fatti spiegare come erano le relazioni familiari, come sarebbe stato corretto rappresentarle e cosa dovevamo evitare. Abbiamo incontrato tanti ragazzi con neurodiversità, che ci hanno aiutato a tracciare il personaggio principale del film, con il rispetto e l’amore che merita.
Quando poi abbiamo fatto il provino a Luigi Fedele, il giovane e bravissimo attore che interpreta Guido, abbiamo avuto la riprova che tutto era possibile.
La caratteristica della storia è tutta, si può dire, nel titolo del film: ‘Quanto basta’, una misura non quantificabile, un pizzico, una sottigliezza, che rappresenta l’equilibrio sottile che queste persone hanno con il mondo esterno. Mentre il mondo interiore dentro di loro è molto più grande di quello che manifestano.
Il risultato, a detta di tanti, è stato positivo ed il nostro lavoro è stato premiato!
Il titolo della mia relazione è: ‘La neurodiversità come risorsa: Lo sguardo del cinema’. Ma non sono un oratore e quindi mi esprimerò con quello che mi riesce meglio: il cinema. Infatti vi ho portato dei video che meglio rappresenteranno la mia idea di lavoro e ricerca sulla neurodiversità.
Il primo video è tratto da un mio film Emma sono io. Che racconta la storia di una stimata professionista che soffre di ipomania, un disturbo dell'umore che, se non curato di continuo con calmanti, rende le persone esuberanti ed eccessive fino all'aggressività, con crisi maniaco-depressive. Nessuno è a conoscenza della sua patologia, neppure il marito. E quando per errore Emma non prende più farmaci, provoca l’affiorare prepotente della sua reale personalità, tra lo sconcerto di amici e parenti, che si vedono assaliti dalla sua incontrollabile esuberanza, che mette a nudo le ipocrisie e i compromessi di tutti, compreso il tradimento del marito.
La scena che vediamo, molto densa ed emotiva, mostra il confronto tra Emma e il suo vecchio amico Carlo, in cui lei constata con dolore che sono ritornati i tempi in cui era Emma la pazza.
Emma, dopo aver mandato a monte il matrimonio della sua migliore amica, che lei stessa aveva organizzato, chiede, alla fine, scusa a suo marito per avergli nascosto la malattia, per timore che potesse lasciarla, e lui, chiedendole perdono per il tradimento, le confida d'aver deciso di buttare le sue pasticche, perché la vera Emma è in fondo migliore di quella artificiale.
I video successivi sono tratti dal film L’ottavo giorno, scritto e diretto dal regista belga Jaco van Dormael, che racconta la storia di un brillante manager, che insegna le regole del business agli imprenditori finanziari, separato con due figlie piccole, che vede poco, perché il lavoro lo impegna troppo per occuparsi della propria famiglia e dei propri sentimenti, creandogli profondo sconforto. E di un giovane down, allegro ed estroso, che scappa dall’istituto dove vive per andare a trovare la madre, che è invece morta da quattro anni. L’incontro tra i due sarà fatale e, quantunque pieno di peripezie e problemi, li avvicinerà emotivamente in modo tale da cambiare ad ambedue la vita, l’uomo ritrovando la sua famiglia e il ragazzo… ricongiungendosi alla madre.
Il successivo spezzone è tratto dal film Conta su di me, in cui si racconta l'incontro tra un trentenne scapestrato che pensa solo a divertirsi, e un ragazzo  con una grave malformazione cardiaca, che sarà affidato al giovane per un breve periodo di tempo. Periodo breve ma burrascoso a giudicare dalle immagini che abbiamo visto, in cui il ragazzo, che credeva che suo padre, mai conosciuto, fosse un eroe di guerra secondo i racconti della madre, viene accompagnato invece ad incontrare il vero padre, che non vuole avere nulla a che fare con lui e lo rifiuta, e con cui il giovane ha una violenta colluttazione.
In queste scene, e in questi film, il personaggio che entra nella vita e nella coscienza di altre persone, per aiutarli a capire meglio se stessi e la propria vita, in gergo cinematografico lo chiamiamo la figura dell’ “angelo visitatore”.
Una figura dirompente, che crea, comunque, una atmosfera di profonda umanità, caratterizzata dalla rottura dei consueti schemi comportamentali e comunicativi e che dà luogo allo sviluppo di un nuovo tipo di relazione tra i personaggi ed una nuova evoluzione alle vicende raccontate.
Sia nell’incontro tra il manager e il giovane down, sia in quello tra il trentenne e il ragazzo, ritroviamo la metafora dell’angelo visitatore, rappresentato da uno dei personaggi della coppia, che con la sua presenza, con il suo modo di fare e di approcciarsi all’altro, lo aiuterà a vedere le cose in un’altra ottica, a cambiare le sue convinzioni e le sue credenze ed apporterà alla sua vita modificazioni significative.
Infine l’ultimo video è tratto dal film The special need, di Carlo Zoratti, che è la storia di un trentenne affetto da autismo che ha il desiderio di fare finalmente l'amore L'autismo impedisce ad Enea, che risiede nel piccolo centro di Terenzano (Udine), di avere quella vita affettivo-sessuale di cui sente sempre di più la mancanza. Due suoi amici, Alex e Carlo, lo stesso regista, decidono allora di aiutarlo a realizzare il desiderio di avere un rapporto sessuale, accompagnandolo in un’avventura on the road, in Germania, a Trebel, dove esiste un centro in cui anche i disabili possono imparare a conoscere la sessualità. Questo film del 2014, quasi sconosciuto al pubblico, tratta di una problematica molto delicata e quasi tabù, la sessualità dei disabili e lo fa con chiarezza, senza pietismi nè eccessive accortezze, in un continuo dialogo tra pari, tra uomini, non tra abili e disabili.
Ed è emozionante, ascoltare nel video, la dichiarazione di Enea, dopo l’incontro con la professionista, in cui confessa di non aver fatto l’amore con lei perché non poteva, perché non era la sua ragazza!
Con questo chiudo la carrellata dei video e del mio sguardo cinematografico sulla Neurodiversità, non perché sia completo, tutt’altro.
Per fortuna tanti registi e nuove leve della cinematografia oggi si dedicano con passione e coraggio a questa ricerca espressiva ed hanno la sensibilità di trattare questo argomento con rispetto e realismo.
A loro va il nostro ringraziamento e il nostro incoraggiamento.
Grazie.

LABORATORIO 1 di LOMBARDI, MARGIOTTA E PUZZARINI

LA DIFFICOLTÀ DEL CONSULENTE E DELL’EQUIPE NELL’ACCOGLIERE LE DIFFERENZE.
Parte teorica
Tutto ciò che avvertiamo diverso da noi e che non riusciamo ad accettare probabilmente ha a che fare con la nostra intimità e con la nostra capacità o incapacità di accettarci così come siamo, considerando anche le nostre parti in ombra (ciò che non ci piace di noi e ciò che spesso non controlliamo o rifiutiamo).
La difficoltà a percepire e ad accettare le differenze spesso risponde alla nostra esigenza di rimanere fedeli ad un modello di conformità e di regole che ci fanno sentire giusti e al sicuro. Ma la differenza non sempre risponde alle categorie di pensiero: “è buono o cattivo”, “ fa bene o fa male”, quanto piuttosto a un nostro schema di riferimento interno fatto di costrutti (pensieri costituiti). Più questi sono rigidi tanto più faremo fatica a cambiarli, a sostituirli, accettando anche idee e valori degli altri. Costrutti meno rigidi formatisi attraverso la nostra esperienza e non solo indotti da figure di riferimento (genitori, leaders, autorità) possono più facilmente fare spazio a differenze e disuguaglianze.
Il bene collettivo si costruisce e si mantiene avendo come valori il concetto di confine, apertura, rispetto, amore e tolleranza.
Riferimenti teorici: la psicologia umanistica di Carl Rogers con particolare riferimento all’aspetto fenomenologico.    Maslow e la teoria dei bisogni.
Il Caso
Nell’èquipe di intervisione formata dai vari operatori, un consulente porta il seguente caso: coppia di genitori, 47 anni lei, 53 lui; tre figli, due maschi, uno di dodici e l’altro di quindici e una femmina di sedici anni che si dichiara lesbica.
La mamma (impiegata) parlando della situazione con il consulente si dimostra aperta e comprensiva verso la figlia, mentre il papà (professore di liceo) si dichiara preoccupato e si mostra ostilità nei confronti della figlia. Definisce l’età della ragazza un’età critica, una fase di passaggio e cerca di convincerla che è prematuro darsi una definizione di genere così decisa e definitiva.
La moglie è invece innervosita dall’atteggiamento del marito e prende palesemente “le parti” della figlia, mentre gli altri due figli a conoscenza della situazione avvenuta attraverso mezze frasi, tensioni, litigi rimangono distanti ma inquieti.
Si determina così una crisi di coppia e familiare, perché ci sono continue tensioni e discussioni poiché il padre, il più delle volte, vieta alla figlia di uscire e di fermarsi a dormire da una sua amica che lui ritiene troppo libera e con i genitori separati che non la controllano abbastanza.
L’èquipe rispetto al caso
Nell’ascolto del caso l’èquipe degli operatori si divide esattamente come i genitori: una parte di loro sposa, anche se con cautela “la teoria” del papà, definendo l’età della ragazza una fase di orientamento sessuale. L’altra parte dei consulenti ha una visione della situazione più netta e precisa: secondo loro il papà semplicemente non accetta l’omosessualità della figlia.
Si accende attorno al caso una vivace discussione più che un confronto libero e aperto; anche qui si ripropone lo stesso clima di spaccatura del caso riportato.
Fase operativa
Ascolto attento dei vissuti dei consulenti e confronto sul significato personale di differenza.
Ruolo del consulente (accoglienza, tolleranza, qualità di presenza durante il colloquio)
Autoascolto del proprio sentire. Esperienza: focus sul corpo.
Esercizio: Se c’è una difficoltà nel riconoscere l’altro diverso da te, in quale parte del corpo senti questa difficoltà?
Capacità di riconoscere e soddisfare i propri bisogni.
Uso del SOSIA (lavorare sulle opinioni e sulle emozioni)
Consapevolezza del proprio sentire
GRUPPO DI   PATRIZIA MARGIOTTA
Il caso proposto nel nostro gruppo e preso in esame da noi consulenti, ha messo in evidenza la posizione differente di due genitori, papà e mamma, rispetto alle dichiarazioni della figlia sedicenne di essere lesbica: rigidità e rifiuto del padre, comprensione e accoglienza della madre.
Anche nell’equipe d’intervisione dove è stato presentato il caso ci sono state due posizioni diverse: alcuni consulenti hanno supportato le perplessità del padre rispetto ad una precoce dichiarazione della figlia e altri hanno invece ritenuto questa posizione solo una resistenza, una difficoltà ad accettare l’omosessualità della figlia.
Il focus del gruppo del nostro laboratorio è stato quello di dare importanza al significato della diversità e  ci siamo poi confrontati su  come noi consulenti l’ affrontiamo nei vari contesti. Ci siamo anche interrogati sulle sensazioni e i sentimenti che abbiamo provato nell’ascoltare e nel vedere i film proposti dal regista Francesco Falaschi, dove la diversità era il tema centrale.
Dando ascolto al nostro sentire abbiamo dato voce a ciò che può influenzare il vissuto di ognuno di noi nell’accettare la diversità.
Da questa esplorazione è emerso che innanzitutto noi consulenti siamo persone,ognuna con i propri limiti, le proprie fragilità, le proprie paure più o meno consapevoli. Abbiamo inoltre valutato l’appartenenza ai nostri valori, ideali, regole, schemi di riferimento (pensieri costituiti, costrutti basati sull’esperienza vissuta e poi simbolizzata e generalizzata). Più questi schemi di riferimento sono rigidi, più noi fatichiamo a cambiarli e sostituirli, accettando le diverse idee degli altri o ciò che arriva diverso da noi.
Il gruppo si è confrontato in modo aperto e attento su tutte le idee emerse ed è giunto ad un punto comune, che è stato quello di utilizzare per noi consulenti come strumento idoneo l’autoascolto per dare voce al nostro sentire e lavorare sulla consapevolezza di come i nostri modelli genitoriali e non solo, (insegnanti, catechisti, autorità diverse)  hanno avuto su di noi  nella costruzione di idee, comportamenti ed opinioni.
A tal senso più volte è stato evidenziato come l’utilizzo dello strumento del Sosia sia valido per scoprire come possiamo lavorare per ripulire il “petalo” delle opinioni da credenze e pregiudizi.
Ogni componente del gruppo ha portato la propria esperienza ed ha attivato un ascolto empatico verso l’altro, permettendo così una vera integrazione di esperienze e la piena comprensione della diversità di ognuno.
Nella propria “valigia” infatti ogni persona ha messo dentro “un pezzetto” della diversità degli altri. Diversità vissuta non come distanza ma come valore e arricchimento per agire in ogni contesto un clima di collaborazione,di rispetto, di serenità e di accettazione incondizionata.
Fernanda Spada, Patrizia Margiotta

Il Gruppo di Gabriella Puzzarini
Nel gruppo di lavoro formato da vari operatori viene letto il caso di una coppia di genitori che si presentano portando il fatto che la loro figlia di 16 anni si dichiara lesbica. Lui professore di Liceo è molto preoccupato per la figlia tanto da impedirle di dormire a casa di una amica che ha i genitori separati temendo che non la controllino abbastanza. La moglie, impiegata, si mostra invece aperta e tollerante nei confronti della figlia, ma è invece ostile nei confronti del marito perchè poco comprensivo.
Terminata la lettura del caso la conduttrice chiede agli operatori  le emozioni provate durante l’ascolto.
- Emergono sentimenti di paura  per l’argomento trattato, la omosessualità,
- di incertezza (“Come posso mettermi in ascolto di questa coppia?”),
- sentimenti di inadeguatezza:  “Mi sento inadeguato come Consulente”.
-  Qualcuno esprime senso di fastidio nei confronti del padre che si dimostra ostile con la figlia.
- qualcun altro avverte rabbia verso la moglie che manifesta ostilità al marito.
- C’è chi dice “mi sento smarrita di fronte ai due genitori, che sembrano smarriti, a loro volta, in tale situazione. “Forse rivivo il mio smarrimento, quando avevo i figli adolescenti”.
- Ancora, c’è chi sente affinità per i sentimenti del padre che esprime preoccupazione per le difficoltà che la figlia potrebbe incontrare
- e si sente disorientato di fronte alla diversità.
- Qualcuno esprime un senso di fatica per dovere affrontare una cosa nuova!
     
Ci accorgiamo che ognuno di noi reagisce in modo diverso.
Si decide di fare una “simulata”. Subito emerge come dato preponderante la conflittualità della coppia che impedisce, di fatto, di centrare l’argomento proposto e portato dalla coppia: la diversità sessuale della figlia.
Segue un giro di feed-back da parte del gruppo degli operatori: i contributi sono numerosi e di varia natura. Qualcuno focalizza l’attenzione sulle sensazioni e sui sentimenti provati: la paura dell’argomento “diversità sessuale” che sente a livello dello stomaco; c’è chi ha sentito la rabbia della moglie verso il marito, rabbia che come consulente cerca di mettere “dietro le proprie spalle” e di tenere sotto controllo . Escono fuori poi pensieri, osservazioni, interpretazioni: 
- qualcuno osserva che la mamma “sembra si sia alleata con la figlia”;
- ancora, che nella simulata è emersa maggiormente la questione del litigio tra i coniugi piuttosto che quella della diversità;
- qualcun altro che “la conflittualità tra i coniugi potrebbe essere una strategia inconsapevole degli stessi per evitare l’argomento scottante”.
La conduttrice chiede poi un feed-back agli “attori” della simulata: il “Consulente” riferisce  che la conflittualità della coppia  non gli permette di centrare il problema  portato dagli utenti (la diversità della figlia) ed è di ostacolo ad “entrare in una sfera più intima con gli utenti”. La consulenza resta così “in superficie”. Il “padre-marito” conferma tutto ciò: all’inizio della consulenza  ha sentito la mancanza di una relazione con il Consulente (“… non mi è arrivato niente da parte del consulente”).  Ma dopo la domanda del  “Consulente”  alla” madre-moglie”: “Ciò che dice tuo marito come ti fa sentire?”  Qualcosa cambia. Il “padre-marito” riferisce: “ solo in quel momento mi sono sentito compreso ed accolto”.
E’ questo il momento in cui si entra nel cuore della consulenza, quando ci si confronta su un livello più profondo rispetto a quello dei pensieri e delle interpretazioni.  All’interno del gruppo qualcuno esprime tenerezza per questi genitori in difficoltà, vorrebbe abbracciarli….
Si passa quindi al momento della conclusione del lavoro con le considerazioni e le nuove consapevolezze che il gruppo ha acquisito.
Oggi noi nel qui ed ora, abbiamo fatto esperienza delle nostre diversità personali, di fronte alle quali ognuno prova sensazioni, emozioni e pensieri personali.  Abbiamo colto la ricchezza della diversità come opportunità di crescita, ma anche come occasione per riconoscere i nostri limiti: non possiamo negarci il “proprio gusto”, non tutto può piacerci.
E’ stato bello osservare la disponibilità di tutti a mettersi in gioco, a confrontarsi sulla capacità di accettare la diversità: non sempre è facile, a volte noi stessi abbiamo bisogno di aiuto.

L’equipe e la supervisione sono strumenti che ci possono aiutare in tal senso.
Il consulente non può risolvere i problemi degli utenti ma può “ascoltare” come vive il suo disagio e così lo aiuta ad “ascoltare se stesso”.
Ciò risulta impossibile se l’utente non si dà il permesso di accedere alle parti più profonde di se’. In questo stanno i limiti della consulenza.
 A coronamento di questa bella giornata di studio, una fra noi operatori porta la sua esperienza di oggi: definendosi “diversa da sempre” rivela che in questo scambio di emozioni  si sente sollevata: “ ..tocco con mano che c’è spazio anche per me; anche io posso entrare in relazione con gli altri!”.

LABORATORIO 2 di BELLETTI e ROBERTO


COPPIE MISTE, FAMIGLIE MISTE NELLA SOCIETA' INTERCULTURALE

Abbiamo iniziato il laboratorio con le presentazioni prendendo contatto con la diversità dei partecipanti per provenienza geografica, scuole di formazione frequentate e di strutture di appartenenza ma con il denominatore comune di essere consulenti familiari. Prima di presentare il caso di una coppia mista ed avviare la fase operativa sul percorso di consulenza abbiamo distribuito un questionario favorendo la riflessione e lo scambio di opinioni prima di tutto sul tema del convegno: la diversità:
1 Quale significato ha per te la parola diversità?
2 Quali sensazioni hai provato nell’ascoltare la relazione di stamattina sul tema della diversità?
3 Ti sei fatto una opinione?

Poi abbiamo presentato ai partecipanti altre domande più attinenti al tema del laboratorio, a cui i presenti potevano rispondere con una di 4 risposte: Molto, Abbastanza, Poco, Per niente.
4.Quanto ti trovi d’accordo con le seguenti  affermazioni?
a. Gli immigrati sono necessari per fare il lavoro che gli italiani non vogliono fare.
b. Nell’attribuzione degli alloggi popolari, a parità di requisiti, gli italiani dovrebbero avere la precedenza sugli immigrati.
c. Gli immigrati ricevono dallo Stato (governo, regioni, comuni, etc.), in termini di assistenza, sanità, scuola e pensioni, più di quello che versano in termini di tasse.
d. I bambini che nascono nelle famiglie immigrate sono essenziali per compensare i pochi figli che nascono nelle famiglie italiane.
e. L'aumento degli immigrati favorisce il diffondersi del degrado e della criminalità.
f. Gli immigrati che risiedono da alcuni anni in Italia, anche se non hanno la cittadinanza italiana dovrebbero avere il diritto a votare nelle elezioni comunali.
g. Gli immigrati dovrebbero impegnarsi di più nella conoscenza delle regole, delle tradizioni e della cultura italiane
5. Secondo te, in che misura i matrimoni e le unioni miste tra italiani e immigrati, possono produrre:
a. Maggiori problemi di tenuta del rapporto di coppia (ad esempio conflitti tra coniugi, separazioni, divorzi)?
b. Più problemi nell’educazione dei figli?
c. Maggiori possibilità di integrazione culturale?
6. Quanto ti trovi d’accordo con le seguenti affermazioni?
a. Nella scuola dell’obbligo, la presenza di molti figli di immigrati incide spesso negativamente sul rendimento scolastico della classe.
b. Se vogliono avere la cittadinanza  italiana, gli immigrati devono dimostrare di sapere bene l’italiano.
7. Nel Censimento del 2011 l’ISTAT ha detto che in Italia siamo circa 60 milioni di abitanti. Secondo te, tra questi, quanti milioni di stranieri ci sono?
8. Quanto ti trovi d’accordo con le seguenti affermazioni?
a. L'Italia è degli italiani e non c'è posto per gli immigrati.
b. Il ricongiungimento dei familiari più stretti (coniuge e figli) degli immigrati regolari presenti in Italia favorisce la loro integrazione sociale.
9. Secondo te quanto sono facilmente integrabili gli immigrati che provengono dalle seguenti zone geografiche?
Mi dici se per te sono molto, abbastanza, poco o per niente integrabili?
a)        Albania
b)        Romania
c)         Altri paesi dell’Europa dell’Est (Moldavia, Russia…)
c)         Nord africa (Marocco, Tunisia…)
d)        Altri paesi africani (Nigeria, Costa d’Avorio…)
e)        Cina
f)         Altri paesi asiatici (India, Sri Lanka, Filippine…)
g)        America Latina
Il lavoro di gruppo è stato approfondito anche attraverso la presentazione di un power point  contenente punti chiave e dati statistici da tenere in considerazione nel condurre una consulenza ad una coppia mista:


1.   Definizione di coppia mista
Nell’esaminare il tema della differenza  dobbiamo necessariamente tener presente  l'idea (per molte culture essenziale) che i matrimoni vengono scelti dalle famiglie, e non dalla coppia come ci dimostrano recenti fatti di cronaca così come la tradizione delle  “spose bambine”.  Prima del Diciannovesimo secolo era una pratica diffusa in tutto il mondo mentre oggi è vietata da numerose convenzioni internazionali e considerata una grave violazione dei diritti umani. Tuttavia attualmente sono 700 milioni (circa il 10 per cento della popolazione del pianeta) le donne che si sono sposate prima di aver compiuto la maggiore età. La roccaforte di questa centenaria tradizione è l’India, che ospita il 40% dei matrimoni infantili a livello globale: una ragazza indiana su tre è una “sposa bambina”.
Nel passato la coppia era “mista” quando i partner non condividevano  l’appartenenza al ceto sociale o a professioni differenti. Questi erano gli aspetti fondamentali per la definizione dell’individuo, del proprio posizionamento sociale e della sua identità. Fino a 30 anni fa anche la provenienza regionale nord/sud era criterio fondamentale nelle relazioni, oggi la forte presenza di stranieri fa balzare in primo piano le differenze culturali, religiose, etniche. Le coppie miste sono sempre più numerose in un mondo dove globalizzazione e immigrazione sono fenomeni dominanti, le relazioni formate da persone che provengono da Paesi diversi, che non condividono la stessa lingua o religione sono all'ordine del giorno. Il fenomeno delle coppie miste in Italia mantiene una forte rilevanza (8/10% sul totale matrimoni) e le difficoltà che queste nuove famiglie devono affrontare assumono un’importanza sociale. Queste unioni hanno un primo importante significato in quanto per un dei due membri rappresenta la stabilizzazione in un nuovo territorio e quindi la necessità di un’integrazione in senso forte nella nazione ( contesto familiare) ospitante.
 2.     Le coppie miste in Italia
Le famiglie con almeno un componente non italiano sono pari a 24.018  (12,4% sul totale – ISTAT 2015, nel 2008 erano 36.918 – 15,0%).
   Prevalentemente primi matrimoni  (15.979 – 2015)
   I matrimoni misti (2015) sono 17.692
    -  13.642 sposo italiano e sposa straniera,
    -   4.050 sposa italiana e sposo straniero.
I divorzi sono molto frequenti nella società attuale, ma nel caso dei matrimoni misti le unioni sono ancora più a rischio:
  Almeno 8 unioni su 10 si sciolgono, contro il 50% dei matrimoni tra italiani.
  Si confermano evidenti difficoltà che queste coppie  devono affrontare a causa di mentalità diverse che faticano a raggiungere un compromesso sui tanti aspetti della vita.
In effetti  il fenomeno del matrimonio misto è in calo dal 2008 (anno di picco 36.918 almeno un coniuge straniero)
 3.            La scelta del partner straniero nelle coppie miste è diverso dalle altre coppie?
Amarsi è qualcosa di estremamente naturale e al tempo stesso di estremamente complesso. La relazione è sempre un incontro tra due persone differenti, un fatto che non caratterizza solo le coppie miste.. I  motivi che spingono a scegliersi un partner straniero sono principalmente tre:
·         Motivazioni non legate alla differenza etnica come l’ amore o la compatibilità
·         Motivazioni legate all’etnia. L’attrazione per una persona ‘esotica’ viene riportato da entrambi i partner, invece la donna straniera apprezza anche la maggiore indipendenza offerta dalla società italiana.
·         Status sociale. Il partner straniero vede nel matrimonio una possibilità di riscatto e una via per abbandonare lo status marginale ( es. matrimoni tra badanti ed assistiti)

TIPO DI MATRIMONIO - 2008

                               TIPOLOGIA DI COPPIA

Almeno uno straniero
Entrambi italiani

Religioso
Civile
totale
religioso
civile
totale
primi matrimoni
4.609
(17,2%)
22.118
(82,8%)
26.727
148.598
80,0%
37.151
(20,0%)
185.749
matrimoni succ.
351
(3,4%)
9.840
(96,6%)
10.191
2.473
(10,3%)
21.473
(89,7%)
23.946
totale
4.960
(13,4%)
31.958
(86,6%)
36.918
151.071
(72,0%)
58.624
(28,0%)
209.695

TIPO DI MATRIMONIO - 2015
                                  TIPOLOGIA DI COPPIA

Almeno uno straniero
Entrambi italiani

Religioso
Civile
totale
religioso
civile
totale
primi matrimoni
2.760
(17,3%)
13.219
(82,7%)
15.979
101.118
69,8%
43.701
(30,2%)
144.819
matrimoni succ.
280
(3,5%)
7.759
(96,5%)
8.039
2.175
(8,5%)
23.365
(91,5%)
25.540
totale
3.040
(12,7%)
20.978
(87,3%)
24.018
103.293
(60,6%)
67.066
(39,4%)
170.359


Matrimoni con almeno uno sposo straniero 2015

NORD OVEST
NORD
EST
CENTRO
SUD
ISOLE
TOTALE
Sposo italiano - sposa straniera
3.983
3.439
3.163
2.106
951
13.642
Sposa italiana – sposo straniero
1.288
1.026
876
603
257
4.050
Entrambi stranieri
1.659
2.372
1.392
596
307
6.326
TOTALE
6.930
6.837
5.431
3.305
1.515
24.018

Successivamente abbiamo analizzato un caso di una consulenza ad una coppia mista e abbiamo definito un percorso di consulenza.
Il Caso
Lei 46 anni italiana, prima di due figlie con storia di migrazione familiare in Germania negli anni dell’adolescenza e successivo rientro in Italia all’età di 20 anni. Durante un viaggio a Cuba,all’età di 23 anni, conosce un giovane cubano e inizia con lui una relazione. Decide di prolungare la vacanza a Cuba per poter conoscere meglio questo ragazzo poiché sente di essersi innamorata. Vivono un periodo molto bello poi lei deve necessariamente rientrare in Italia richiamata dai genitori che la attendono nell’azienda di famiglia dove lavora. Con sofferenza si separano con la promessa di trovare una soluzione per restare insieme. Al rientro in Italia scopre di essere incinta e decide che quel bambino lo vuole a tutti i costi e desidera sposarsi per consentire a lui di venire in Italia per coronare il loro sogno. La famiglia non approva e ostacola questo progetto convinta che lui voglia sposarsi per avere una buona sistemazione ed uscire dalla condizione di povertà in cui vive. Dopo tante discussioni la famiglia acconsente alle nozze purché sia lui a trasferirsi in Italia e a non pretendere in futuro di portare figlia e nipote a Cuba se non per periodi di visita alla famiglia di origine. Afferma di non essersi mai pentita della scelta che ha fatto, ama molto suo marito e i suoi figli e comprende la difficoltà che lui vive. E’ consapevole che lui ha affrontato molte difficoltà per integrarsi, per farsi accettare e che per amore ha lasciato la sua terra di cui ha tanta nostalgia. Tende a proteggerlo e a farsi carico di tutta la famiglia nei momenti in cui lo vede più nostalgico e fragile.
Lui 50 anni cubano, sesto di otto figli con storia di povertà e trascuratezza nella famiglia di origine, svolge lavori saltuari presso alberghi di lusso per turisti . Conosce lei mentre svolge un servizio di assistenza alla spiaggia dell’albergo dove alloggia e inizia a corteggiarla convinto che sarebbe stata solo un’avventura. La relazione si trasforma in un sentimento profondo e al momento della partenza di lei si separa con difficoltà convinto che non l’avrebbe più rivista. Era sicuro che le promesse di lei di tornare per realizzare il loro sogno di stare insieme sarebbero svanite con la lontananza. La notizia dell’attesa di un figlio lo disorienta poiché prova felicità da una parte e paura dall’altra vista la reazione fortemente oppositiva della famiglia di lei, ma anche il timore di come avrebbe reagito la sua famiglia. Sposare una donna italiana, avere un figlio, trasferirsi in un altro paese, lasciare la sua famiglia e la sua terra erano per lui motivo di preoccupazione. Dice di aver trovato la forza di accettare le richieste della famiglia di lei e di fronteggiare le perplessità della sua famiglia, per amore di lei e del loro bambino. Afferma che non è stato facile integrarsi sia nella famiglia di lei sia nel nostro paese. Non è mai riuscito a debellare il pregiudizio che si sia sposato per interesse e per migliorare la sua condizione sociale ed economica. Negli anni ha accusato anche periodi depressivi dovuti a questo senso di spaesamento ma soprattutto , a suo dire, per le trascuratezze vissute nell’infanzia. Attualmente afferma di stare bene in Italia ma di avere forti attacchi di nostalgia della sua terra, della sua cultura che lo portano ad estraniarsi dalla vita quotidiana, dalla relazione con i figli, dal lavoro nell’azienda di famiglia e dalla vita relazionale. Lascia che la gestione della famiglia sia portata avanti da sua moglie.
RICHIESTA
Vengono in consulenza per un problema di rapporti conflittuali con il secondo figlio  di 19 anni che rimprovera al padre di non essere un punto di riferimento per lui, di avergli trasmesso questo senso di smarrimento e non appartenenza. Lo provoca spesso quasi con l’intento di arrivare allo scontro fisico .Rimprovera alla made di proteggere troppo il padre quasi come se fosse un altro figlio, di interferire nel loro rapporto ponendosi sempre dalla parte del padre e di aver privilegiato la cultura e la lingua italiana a scapito di quella cubana. Rimprovera ad entrambi il fatto di essere “ meticcio” , di essere scambiato per migrante , di ricevere atti di bullismo a scuola a causa del suo essere figlio di coppia mista.
I genitori sono in crisi a causa della sofferenza del figlio mista ad aggressività e bisogno di aiuto. Questa situazione li mette in discussione sulla divisione dei ruoli ma anche sul loro progetto coniugale. Chiedono aiuto per migliorare la relazione con il figlio nella speranza di lenire anche la sofferenza familiare  e di coppia che stanno vivendo…….
Siamo al terzo incontro di consulenza  chiediamo al gruppo di consulenti familiare di individuare i punti salienti del percorso di consulenziale e di progettare  insieme l’intervento socio educativo.
Osservazioni emerse nella discussione di gruppo
Prima c’è stato un giro di condivisione sul proprio sentire rispetto al caso e abbiamo invitato i partecipanti a non reprimere pensieri, opinioni, sentimenti, pregiudizi o stereotipi proprio per poter affrontare successivamente su un piano obiettivo di realtà un percorso di consulenza. Il gruppo ha con autenticità e coraggio ha condiviso pensieri quali: sicuramente lui l’ha sposata per venire in Italia e migliorare la sua condizione di vita; i genitori di lei sono troppo invadenti, convinti che la loro cultura sia migliore e impongono alla coppia la loro tradizione.; se lo dovevano immaginare che sarebbero sorti tanti problemi; una donna molto indipendente, potenzialmente più ricca o più colta, può mettere in difficoltà un uomo, soprattutto se cresciuto con una cultura  maschilista; La diversità è sia un ostacolo che una risorsa. Situazione, questa, che si crea anche in coppie non miste; La lingua può essere un ostacolo. Talvolta le incomprensioni possono nascere proprio dalla capacità di esprimersi o comprendersi perfettamente. Ma anche per un lessico famigliare differente; queste unioni difficilmente durano, ci sono troppe differenze da armonizzare: culturali, religiose, etniche, educative,di genere..; I suoceri sono i suoceri in tutte le culture, molto spesso invadenti e convinti di sapere cosa sia meglio per il proprio figlio/a. Purtroppo all'interno di una coppia mista i propri genitori e quelli del  partner possono essere d'ostacolo; non è giusto che le scelte di due adulti vengano pagate dai figli, lo dovevano immaginare che avrebbero avuto difficoltà identitarie e ad integrarsi
In effetti la famiglia mista deve affrontare  le dinamiche che la loro unione innesca su tre diversi livelli:
  1. Livello interindividuale: la relazione coniugale;
  2. Livello intercomunitario: la relazione tra le comunità di appartenenza dei due partner, che non sempre appoggiano le unioni miste, e possono far mancare il loro importante sostegno alla famiglia. Sarà più difficile accettare e appoggiare le unioni quanto più essi appartengono a comunità tra loro lontane,e quindi il matrimonio misto diventa elemento di isolamento;
  3. Livello interstatale: la relazione tra i due stati di cittadinanza dei partner, che si riflette sulla tutela coniugale e della famiglia.
Ogni giorno i partner valicano le frontiere identitarie stabilite dalle proprie matrici culturali, costruendo nuove forme di appartenenza e tracciando nuovi confini. Per certi versi i partner delle coppie miste compiono un vero e proprio atto migratorio quotidiano, allontanandosi dal terreno certo della propria individualità per esplorare i territori sconosciuti dell’altro. Quindi le coppie miste si muovono costantemente su un doppio binario, che vede la dimensione affettiva e relazionale interpersonale soggetta a continui ri -arrangiamenti legati ai valori, alle norme e ai significati partoriti nel mio ampio scenario socio-culturale. Per questo il grado di integrazione dei figli di una coppia mista può dipendere anche dalla volontà dei genitori di far parte della nuova società, e dal grado di quest’ultima di accogliere l’altro.  Il risultato dell’integrazione dipende dalla scelta identitaria effettuata dal figlio, che può variare nel corso della sua esistenza:
-         Identità etnica paterna;
-         Identità etnica materna;
-         Identità della società locale;
-         Identità multiple.
 Fasi della consulenza individuate:
Prima fase : accogliere senza giudizio la richiesta della coppia che è quella di avere aiuto per migliorare la relazione con il figlio nella speranza di lenire anche la sofferenza familiare  e di coppia che stanno vivendo. Vanno ascoltati  e accolti pensieri, sentimenti ed emozioni circa la sofferenza del problema con il figlio, lasciando sullo sfondo le motivazioni che hanno portato i due coniugi ad instaurare una relazione mista confluita nel matrimonio e  nella scelta di risiedere in Italia. Certo questi elementi possono essere esplorati durante il percorso per portare consapevolezza sul loro progetto, ma  visto che la coppia ha una storia di vita di oltre 20 anni non è questo il problema che loro portano.
Seconda fase: lavorare sulla identità di coppia genitoriale tenendo presente le identità etniche paterna e paterna e quanto di questo è stato trasmesso ai figli. Quali i punti critici si evidenziano e quali risorse la coppia  genitoriale ha a disposizione? Sui punti critici vanno forniti strumenti di gestione creativa dei conflitti, esercizi di comunicazione non violenta e vanno valorizzate le risorse aiutandoli a prendersi cura della relazione familiare mediando e valorizzando le differenze. Dobbiamo fare molta attenzione in questa fase poiché aiutarli a decidere come coppia genitoriale quali valori vogliono trasmettere ai figli può diventare un momento che implica, nel qui ed ora, la rinegoziazione tra passato, presente e futuro, rimettendo a volte perfino in discussione tutti gli accordi di “mediazione” già consolidati come coppia.
Terza fase: Progettare insieme modalità operative creative per potenziare le risorse sia individuali che provenienti dalle famiglie e culture di appartenenza. Aiutare la coppia genitoriale ad ideare a casa  rituali familiari atti alla conoscenza della tradizioni di entrambe le famiglie, momenti di condivisione con le famiglie  di origine( es. realizzare videochiamate o andare a trovare i nonni a Cuba … preparare un pranzo con piatti provenienti dalle due culture, raccogliere detti familiari, ricette di cucina, musica; fare insieme al figlio un album fotografico familiare favorendo la narrazione di ricordi e tradizioni) ma anche con l’attuale società di appartenenza. La componente artistica, presente in tutte le professioni di aiuto e di cura, rende visibile la necessaria creatività e intuizione in ogni atto professionale, la capacità di essere innovativi, di cogliere la situazione problematica hic e nunc e individuarne la possibile soluzione in un’armonica sintesi fra creatività, osservazione e analisi della realtà, capacità di scegliere fra diverse opzioni, accompagnati da solida preparazione scientifica.
 Concludendo possiamo dire che in questo laboratorio abbiamo preso consapevolezza che la sfida delle coppie miste è realizzare una vera e propria "transizione culturale" che conduca i partner a prendersi cura anche delle radici culturali del loro legame -senza disconoscerle, anzi valorizzandole- ed integrandole in una originale identità condivisa di coppia. Inoltre abbiamo messo a fuoco che la genitorialità della coppia mista rimane un’esperienza nuova per le famiglie, perché quasi sempre è il primo esempio all’interno delle famiglie di appartenenza della coppia, ma anche all’interno dello stesso contesto sociale e di noi operatori. Il caso esaminato ci ha fatto riflettere sul fatto che il grado di integrazione dei figli di una coppia mista può dipendere anche dalla volontà dei genitori di far parte della nuova società, e dal grado di quest’ultima di accogliere l’altro. Gli effetti  di questo processo si riversano non solo nella relazione di coppia, ma anche in quella genitoriale, e nella costruzione dell’identità della famiglia che si basa sulle culture di appartenenza dei partner. Nel momento in cui emergono le loro caratteristiche, e ad esse si attribuisce pari valore, allora anche la terza cultura della famiglia potrà assumere contorni nuovi e di maggiore intensità.

Riferimenti bibliografici
Fenaroli P., Panari C., “Famiglie “miste” e identità culturali”, Carocci, 2007.
Fruggeri, L. (2005), Diverse Normalità. Psicologia sociale delle relazioni famigliari, Roma: Carocci. 2010.
Gozzoli, C. Regalia, C. (2005), Migrazioni e famiglie. Percorsi, legami e interventi psicosociali,  Bologna: il Mulino.
Monacelli, N. Mancini, T. (2005), “Appartenenze culturali e dinamiche famigliari”., in Fruggeri, L. Diverse Normalità. Psicologia sociale delle relazioni famigliari, Roma: Carocci.
Panari, C. Mancini, T. Fruggeri, L. (2010), “Le sfide delle famiglie interculturali: solo una questione di “appartenenze”? La prospettiva della cultura situata”, in Rivista di Studi Famigliari. Vol.2.
Peruzzi G., “Amori possibili. Le coppie miste nella provincia italiana”, Franco Angeli, 2008
Tognetti Bordogna, M. (2001), Legami familiari e immigrazione: i matrimoni misti, Torino: L’Harmattan Italia.