DIVERSO DA CHI?
"Per un mondo dove siamo
socialmente uguali,
umanamente differenti e
totalmente liberi" (*).
Dopo le emozioni, le novità e le
fatiche dell’Assemblea dei Soci e delle elezioni degli organi statutari
dell’AICCeF, con al culmine l’elezione della nuova Presidente dell’Associazione
(di cui vi abbiamo dato ampio resoconto nell’ultimo numero dell’anno scorso
della Rivista), la mattina di domenica è continuata la Giornata di Studio sulla
Diversità, con il relatore ed i Laboratori.
Continuata perché sin dalla sera prima
abbiamo toccato l’argomento con gli applauditissimi ospiti, che ci hanno
aiutato ad entrare nell’argomento della Diversità e mostrato come si può
portare un contributo significativo in questo campo con le proprie esperienze e
capacità.
Susy e Alfredo, una coppia di genitori
con tre figli, di cui uno non udente, ci hanno raccontato il loro intenso
percorso di resilienza personale, di
coppia e di famiglia. Di fronte all’esigenza di aiutare il figlio a vivere la
diversità senza sentirsi escluso o emarginato, hanno pensato ad un percorso inclusivo per
lui, sia fondando una propria associazione (A.BI.Lis Associazione di Bilinguismo e Lis) per
promuovere la diffusione della lingua dei segni nelle scuole, ed in particolare
in quelle frequentate da loro figlio, sia promuovendo l’invenzione di Alfredo
della pedana sensoriale, uno strumento ideato per aiutare il figlio
ad abbattere la sua “differenza” e mettersi
in contatto con il mondo esterno, con l’armonia della musica, con i suoni della
natura, e finanche con gli effetti speciali dei film.
Il film “Quanto basta”, proiettato la sera di sabato con la presentazione e
il commento del regista Francesco Falaschi, ci ha regalato, una storia leggera
e insieme intensa, semplice ma commovente, che racconta una vicenda di
diversità, l'incontro tra uno chef stellato, in disgrazia e in crisi
esistenziale, e un gruppo di ragazzi con disagio psichico, uno in particolare,
complicato nelle relazioni interpersonali, ma baciato dal "dono dei
sapori". La storia fa riflettere sull’importanza dei valori semplici, sull’accoglienza
fatta di piccoli gesti e sul fatto che apprezzare la diversità della vita è
importante per chiunque.
(*) L’immagine, che ha dato spunto e colore a
questa Giornata di studio, e la scritta del pensiero di Rosa Luxemburg, quale
inno al superamento di qualsiasi barriera e pregiudizio, sono tratte da un
murales dipinto dagli studenti sulla parete esterna del Real Collegio (Scuola
superiore) del Comune di , nell’Isola della Gomera, arcipelago delle Canarie,
trovato da Rita e Maurizio durante una vacanza.
IL
RELATORE FRANCESCO FALASCHI
Francesco
Falaschi è stato l’ospite d’onore delle Giornate di
Trevi.
Regista e sceneggiatore
cinematografico emergente, è grossetano, si è laureato in storia del cinema a
Firenze e insegna nelle scuole superiori.
Premio David di Donatello 1999 per lo
struggente corto “Quasi fratelli”, è fondatore della Scuola di cinema di
Grosseto, con cui ha realizzato numerosi cortometraggi e web serie, come “Aiutanti di mestiere” sulla figura
dell’assistente sociale.
Saluto tutti voi e Vi ringrazio
dell’opportunità di parlare del mio lavoro ad una platea così numerosa, così
preparata, così competente proprio nel campo che mi interessa e che è diventato
il centro dei miei studi e dei miei impegni professionali.
Ringrazio Rita Roberto, con cui mi
lega il comune amore per la Maremma, che mi ha invitato e convinto a lavorare
insieme a Voi ed a portarvi la mia modesta esperienza.
Oggi vi parlerò della Neurodiversità,
continuando il racconto iniziato ieri sera, con la proiezione del film Quanto basta, che tocca l’argomento in
un modo che amo pensare sia semplice e immediato.
Ma prima inquadriamo l’argomento.
Secondo una definizione scientifica la neurodiversità
è una condizione di variazione neurobiologica che si manifesta in un
determinato fenotipo comportamentale, con conseguenze in ambito sociale,
affettivo e lavorativo.
In particolare, la Sindrome di
Asperger (che viene trattata nel film di ieri sera) è un’etichetta diagnostica che il DSM-IV ha introdotto per definire
tutte quelle persone che, dotate anche di linguaggio corretto e in assenza di
ritardo mentale, presentano alcune caratteristiche dell’autismo. Le persone che si situano in questo punto
del continuum autistico presentano un insieme di peculiarità comportamentali
che riguardano principalmente l’area sociale, sensoriale percettiva, attentiva
e affettivo motivazionale.
Poiché sono un regista Vi darò la
visione dell’argomento da un punto di vista cinematografico. E subito devo
spiegare che non è affatto facile parlare e girare film incentrati su un
argomento delicato, come la neurodiversità.
Anche quando siamo molto interessati a
parlare (cinematograficamente) di questi argomenti, si ha sempre paura di non
essere adeguati e preparati ad entrare nel mondo delle persone neurologicamente
diverse, nel modo delicato e sensibile che essi meritano.
Paura di non cogliere l’essenza intima
della relazione che esiste tra queste persone e la realtà, timore di non sapere
rappresentare con equilibrio i loro comportamenti, rischio di seguire o creare
stereotipi esistenziali.
Comportamenti, azioni e relazioni che devono
essere rappresentate in modo oggettivo e realistico. Senza esagerarle, con il
rischio di scadere in una macchietta che può risultare patetica, e senza
edulcorarle, non cogliendo, quindi, la difficoltà del vivere di queste persone.
La preparazione e la ricerca sul campo
è fondamentale per ottenere un risultato soddisfacente per noi, per il pubblico
e per le persone che vogliamo raccontare.
In occasione della preparazione del
film ‘Quanto basta’, abbiamo contattato molti specialisti per capire chi
fossero le persone neurodiverse e
come potavamo rappresentarle senza sbagliare. Abbiamo preso contatti anche con
le Associazioni dei loro familiari, da cui ci siamo fatti spiegare come erano
le relazioni familiari, come sarebbe stato corretto rappresentarle e cosa
dovevamo evitare. Abbiamo incontrato tanti ragazzi con neurodiversità, che ci
hanno aiutato a tracciare il personaggio principale del film, con il rispetto e
l’amore che merita.
Quando poi abbiamo fatto il provino a
Luigi Fedele, il giovane e bravissimo attore che interpreta Guido, abbiamo
avuto la riprova che tutto era possibile.
La caratteristica della storia è
tutta, si può dire, nel titolo del film: ‘Quanto basta’, una misura non
quantificabile, un pizzico, una sottigliezza, che rappresenta l’equilibrio
sottile che queste persone hanno con il mondo esterno. Mentre il mondo
interiore dentro di loro è molto più grande di quello che manifestano.
Il risultato, a detta di tanti, è
stato positivo ed il nostro lavoro è stato premiato!
Il titolo della mia relazione è: ‘La neurodiversità come risorsa: Lo sguardo del
cinema’. Ma non sono un oratore e quindi mi esprimerò con quello che mi
riesce meglio: il cinema. Infatti vi ho portato dei video che meglio
rappresenteranno la mia idea di lavoro e ricerca sulla neurodiversità.
Il primo video è tratto da un mio film
Emma sono io. Che racconta la storia
di una stimata professionista che soffre di ipomania, un disturbo
dell'umore che, se non curato di continuo con calmanti, rende le persone
esuberanti ed eccessive fino all'aggressività, con crisi maniaco-depressive.
Nessuno è a conoscenza della sua patologia,
neppure il marito. E quando per errore Emma non prende più farmaci, provoca l’affiorare
prepotente della sua reale personalità, tra lo sconcerto di amici e parenti,
che si vedono assaliti dalla sua incontrollabile esuberanza, che mette a nudo
le ipocrisie e i compromessi di tutti, compreso il tradimento del marito.
La scena che vediamo, molto densa ed emotiva,
mostra il confronto tra Emma e il suo vecchio amico Carlo, in cui lei constata
con dolore che sono ritornati i tempi in cui era Emma la pazza.
Emma, dopo aver mandato a monte il
matrimonio della sua migliore amica, che lei stessa aveva organizzato, chiede,
alla fine, scusa a suo marito per avergli nascosto la malattia, per timore che potesse
lasciarla, e lui, chiedendole perdono per il tradimento, le confida d'aver
deciso di buttare le sue pasticche, perché la vera Emma è in fondo migliore di
quella artificiale.
I video successivi sono tratti dal
film L’ottavo giorno, scritto e
diretto dal regista belga Jaco van
Dormael, che racconta la storia di un brillante
manager, che insegna le regole del business agli imprenditori finanziari, separato
con due figlie piccole, che vede poco, perché il lavoro lo impegna troppo per
occuparsi della propria famiglia e dei propri sentimenti, creandogli profondo
sconforto. E di un giovane down, allegro ed estroso, che scappa dall’istituto
dove vive per andare a trovare la madre, che è invece morta da quattro anni.
L’incontro tra i due sarà fatale e, quantunque pieno di peripezie e problemi,
li avvicinerà emotivamente in modo tale da cambiare ad ambedue la vita, l’uomo
ritrovando la sua famiglia e il ragazzo… ricongiungendosi alla madre.
Il successivo spezzone è tratto dal
film Conta su di me, in cui si
racconta l'incontro tra un trentenne scapestrato che pensa solo a divertirsi, e
un ragazzo con una grave malformazione
cardiaca, che sarà affidato al giovane per un breve periodo di tempo. Periodo
breve ma burrascoso a giudicare dalle immagini che abbiamo visto, in cui il
ragazzo, che credeva che suo padre, mai conosciuto, fosse un eroe di guerra
secondo i racconti della madre, viene accompagnato invece ad incontrare il vero
padre, che non vuole avere nulla a che fare con lui e lo rifiuta, e con cui il
giovane ha una violenta colluttazione.
In queste scene, e in questi film, il
personaggio che entra nella vita e nella coscienza di altre persone, per
aiutarli a capire meglio se stessi e la propria vita, in gergo cinematografico
lo chiamiamo la figura dell’ “angelo
visitatore”.
Una figura dirompente, che crea,
comunque, una atmosfera di profonda umanità, caratterizzata dalla rottura dei
consueti schemi comportamentali e comunicativi e che dà luogo allo sviluppo di
un nuovo tipo di relazione tra i personaggi ed una nuova evoluzione alle
vicende raccontate.
Sia nell’incontro tra il manager e il
giovane down, sia in quello tra il trentenne e il ragazzo, ritroviamo la
metafora dell’angelo visitatore, rappresentato da uno dei personaggi della
coppia, che con la sua presenza, con il suo modo di fare e di approcciarsi
all’altro, lo aiuterà a vedere le cose in un’altra ottica, a cambiare le sue
convinzioni e le sue credenze ed apporterà alla sua vita modificazioni
significative.
Infine l’ultimo video è tratto dal
film The special need, di Carlo
Zoratti, che è la storia di un trentenne affetto da autismo che ha il desiderio
di fare finalmente l'amore L'autismo impedisce ad Enea, che risiede nel piccolo
centro di Terenzano (Udine), di avere quella vita affettivo-sessuale di cui
sente sempre di più la mancanza. Due suoi amici, Alex e Carlo, lo stesso
regista, decidono allora di aiutarlo a realizzare il desiderio di avere un
rapporto sessuale, accompagnandolo in un’avventura on the road, in Germania, a
Trebel, dove esiste un centro in cui anche i disabili possono imparare a
conoscere la sessualità. Questo film del 2014, quasi sconosciuto al pubblico,
tratta di una problematica molto delicata e quasi tabù, la sessualità dei
disabili e lo fa con chiarezza, senza pietismi nè eccessive accortezze, in un
continuo dialogo tra pari, tra uomini, non tra abili e disabili.
Ed è emozionante, ascoltare nel video,
la dichiarazione di Enea, dopo l’incontro con la professionista, in cui
confessa di non aver fatto l’amore con lei perché non poteva, perché non era la
sua ragazza!
Con questo chiudo la carrellata dei
video e del mio sguardo cinematografico sulla Neurodiversità, non perché sia
completo, tutt’altro.
Per fortuna tanti registi e nuove leve
della cinematografia oggi si dedicano con passione e coraggio a questa ricerca
espressiva ed hanno la sensibilità di trattare questo argomento con rispetto e
realismo.
A loro va il nostro ringraziamento e
il nostro incoraggiamento.
Grazie.