SEI IL VISITATORE

.LABORATORIO 6 DI MONTI E CACCO

-AREA SESSUALE:È LA DIFFERENZA CHE FA LA DIFFERENZA

La sessualità è il modo d’esserci dell’uomo. Essa è legata a due dimensioni fortemente intrecciate: una rimanda alla relazione, al desiderio di incontro e scambio globale, ai sentimenti d’amore e d’affetto: l’altra a componenti quali la genitalità, l’erotismo, la corporeità, la ricerca del piacere. Inoltre favorisce una riflessione non solo sul senso del piacere ma anche all’opposto sul confronto con il dolore. La sessualità è piacere di comunicazione ed espressione diretta della soggettività di ogni persona. Se la sessualità è modalità globale della persona e assorbe la funzione comunicativa, affrontare il tema della sessualità della persona con handicap significa parlare anche di accettazione, emozione, ma soprattutto della comunicazione dell’emozione. Questo laboratorio entrando nella tematica ha approfondito come, attraverso la metodologia consulenziale, si possa promuovere una educazione sessuale ed affettiva anche nella disabilità. Il confronto tra noi colleghi consulenti, ha suscitato forti reazioni e profonde riflessioni. Quella che indubbiamente ci accomuna tutti, è relativa al fatto che parlare di sessualità nella disabilità, ci ha fatto comprendere come in tutti noi è mancata e manca una educazione sessuale. 

Ci ha messo di fronte alla nostra storia sessuale, ai nostri vissuti storici e ci ha rimandato domande abbastanza provocatorie: qual è il rapporto che ho con il mio corpo? Quanto le questioni morali e religiose hanno influenzato il nostro modo di percepire la sessualità? Che significato diamo quando tocchiamo o veniamo toccati semplicemente da una carezza? Tendiamo spesso a vedere le persone “diversamente abili”, come dei bambini, come se il tempo per loro si fermasse a quella parte del ciclo vitale che è l’infanzia e questo ci porta a calare soluzioni dall’alto rischiando di non mettere al centro la persona che abbiamo di fronte nella sua unicità ed irripetibilità. Pertanto il primo intervento socio-educativo che un consulente familiare è chiamato ad attuare, è proprio quello di guardare all’individuo con lo sguardo del “qui ed ora”, centrando il suo bisogno affettivo-sessuale e relazionale, nel tentativo di trovare strategie per stimolare le sue potenzialità o le sue positive risorse interne. Dunque, non ci mettiamo nei panni del salvatore, ma prestiamo doniamo aiuto anche alle famiglie, agli educatori preposti in un clima di ascolto attivo e di accettazione per trovare la soluzione più efficace. Un altro elemento importante da tenere in considerazione è l’aspetto relazionale in quanto non sempre si tratta solo di scariche pulsionali, di erotismo o di attività legate alla sfera genitale, ma spesso, soprattutto quando abbiamo di fronte un handicap non intellettivo, si tratta di gestire e lenire dolori legati alla sfera dei sentimenti o di innamoramenti feriti e rifiutati. Un consulente familiare che si approccia a queste tipologie di casi, è chiamato a destrutturarsi, elaborando al meglio il proprio vissuto sessuale per potersi dedicare con serenità e libertà a quella altrui evitando così di trasferire la propria normalità. A questo punto, potrebbe essere necessario anche interagire con una rete di servizi sociali affinchè possano interessarsi praticamente della sessualità del soggetto portatore di handicap, attraverso dovuta formazione.

Il caso che abbiamo sviluppato è relativo alla storia di una donna che si trova con un figlio disabile che non la percepisce più come madre, ma come donna. Pertanto, la madre, è costretta a trovare delle scuse per demandare alcuni servizi al marito. Tenendo conto della sensibilità di ogni consulente familiare, nel nostro laboratorio sono emerse due ipotesi di lavoro:
   1- Ci concentriamo sull’ascolto della signora, quindi al centro della consulenza c’è lei, come madre e come donna, ci soffermiamo sul suo sentire profondo e sulla sua identità di madre. Eventualmente, se necessario e richiesto, si può lavorare sulla coppia genitoriale per meglio gestire il disagio con il figlio.
 2-Ci concentriamo sull’ascolto della signora Marta in un clima di accoglienza e dialogo prendendoci cura delle sue ferite, concentrandoci sul suo sguardo di madre e aiutandola a capire il suo rapporto personale con la sua sessualità.

L’atto educativo si rende sempre necessario in modo dialogico per schiudere strade di risoluzioni. Un altro aspetto che abbiamo tenuto in considerazione riguarda il prevenzione di quelle situazioni in cui ci potrebbero essere situazioni di violenza o di possibili gravidanze: in questo caso l’intervento mira al supporto dei genitori, sempre attraverso un lavoro di dialogo ed ascolto.
Nello stesso workshop siamo stati affascinati anche dal metodo teen-star, un programma di educazione affettiva-sessuale che tiene conto delle costitutività della persona. Avanziamo la richiesta ad AICCeF di mandare un gruppo di Consulenti familiari a specializzarsi in questo settore.
In conclusione, possiamo ragionevolmente affermare che la Diversità insegna l’alternativa di trovare modi diversi per poterci relazionare sempre e con chiunque a qualsiasi livello.

Cacco  e   Battigaglia